mercoledì 30 marzo 2011

Viaggio Invisibile

Il gioco inverso delle scatole cinesi, la piccola incastonata nella grande in un inestricabile labirinto di forme tenute insieme da un impercettibile filo invisibile. Una moderna Itaca dalla quale origina ogni passaggio e senza la quale il passaggio stesso non esisterebbe. Implicita immagine per comprendere la ricchezza o la penuria dei porti che attendono l’arrivo del viandante. 

Un veliero antico come questa storia realizzato con il più pregiato cedro libanese, spiega le sue vele quadre di canapa grezza. Colmo di ogni più agognata mercanzia il profilo del vascello elegante e slanciato con le ampie chiglie sporgenti lentamente scompare all’orizzonte. Che il viaggio abbia inizio.

Lunga la strada del pellegrino errante, il curvo bastone di grezzo palissandro stretto nella mano ad accompagnare l’incerto cammino. I pensieri scorrono lenti come l’acqua che scivola sulla mantella e bagna la piccola conchiglia impressa sul bavero. Goccia dopo goccia, pensiero dopo pensiero, il porto sicuro svanisce.

L’acqua diviene distesa, il mare oceano lo scontro comincia. L’antica lotta fratricida infuria senza sosta. Le perdite aumentano rapide e il prezioso carico si riversa inesorabile nell’eterno abisso del ricordo. La battaglia è terminata, il veliero si addormenta nell’oceano.

Le note del silenzio si diffondono lente ed il re insegue il la. Una lacrima solca il viso di Andromeda raggiungendo l’Eridano. Una dolce carezza la raccoglie. Orione asciuga il viso dell’amata e ne afferra la mano. Alla luce di una pallida Luna inizia una danza romantica mentre lo sperduto vagabondo osserva il cielo in cerca della rotta smarrita.  

Nell’ antro di una moderna Circe vaga da secoli effimeri l’esausto Eremita in cerca di un’uscita. Tra le mani una vecchia lampada ad illuminare il cammino tra l’oscurità degli Arcani superiori. Fugge l’anacoreta prima che il Matto dal cappello a sonagli lo imprigioni nell’oscuro mondo delle carte e l’implacabile vento del sud lo risucchi portandolo lontano.

Una pianta sul davanzale, un fiore che si abbandona al destino del suo giardiniere ormai lontano. La stanza diventata casa,  la pianta che si immerge di nuova linfa vitale e saluta il germoglio ormai morto. Un piccolo vaso incastonato in uno più grande e come la Fenice, nuove radici riprendono a scorrere ed un bocciolo di rosa ne saluta l’avvento.

E’ il viaggio stesso che prosegue, il viaggio stesso che viaggia e non si arresta per regalare un giorno la gioia del ritorno. L’oceano deve essere solcato al di là della silenziosa contemplazione. Un libro di cui il viaggiatore sfoglia curioso le singole pagine. La fine è soltanto l’inizio di un nuovo capitolo nell’infinito libro della vita.

lunedì 28 marzo 2011

In divenire 1

"L'altrove è uno specchio in negativo. il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà"

venerdì 25 marzo 2011

dolce folle melodia

Un metronomo a scandire il ritmo....

Presto...
Vivace....
Allegretto...

Pausa,
Paura
Pausa
Magia
Adagio...
Largo...
Grave
...
tictactictactic..tac....tic................tac....
tic............................................tac.
nulla di sbagliato
nessun errore,
veloce,
piano,
tutto è ritmo
tic tac, tic tac,
alle volte scorre rapido, 
alle volte è splendido rallentarlo fin quasi a fermarlo
corre,

rallenta
nessun errore
tutto è melodia
curiosità......
incontro......
conoscenza.....
......................
......................
paura ...........
.......................
.......................
........................
 MAGIA !!!!






camminare in punta di piedi...

Non è un caso che filobate etimologicamente sia colui che cammina in punta di piedi  - un po' come uno di quei fantastici personaggi in grado di volteggiare in aria all'interno di un tendone....si, si è è proprio l'immagine dell'acrobata, del trapezista in particolare, che affiora da questa visione.
Rifugiarsi sul "nostro" trapezio ogni qual volta ne sentiamo l'esigenza, il bisogno di allontanarsi dal sistema che non ci piace, tac, tac, lentamente saliamo sul nostro magico trapezio ed iniziamo a dondolare, godendo di una visione personale e soggettiva del mondo sottostante, un punto di osservazione privilegiato che ci permette di osservare il passaggio delle cose senza esserne risucchiati , un po' come la metafora del fiume che scorre.
E noi stiamo lì, dondolandoci, decidendo di scendere soltanto quando ne sentiamo la necessità (molto raramente, in realtà)....
Come per magia, emerge dal cilindro magico del mago, una frase di un film di qualche anno fa, "the million dollar hotel" :<< correva forte il mondo quella sera, ed io volevo scendere >>

quanta realtà.....
Anche noi ci troviamo su quel mondo che corre veloce, ma  c'è qualcuno che decide di scendere, di interrompere il "giro di giostra" ed uscire dal sistema per afferrare il "proprio" trapezio. Rinunciare ai meccanismi del sistema, prendere una strada differente, nella consapevolezza che un'alternativa è possibile, un'alternativa esiste, basta semplicemente crederci.
E' così che si inizia a camminare in punta di piedi....magari mentre fuori piove, shhhhhh silenzio.... lenti passi che sfiorano il suolo in equilibrio, in un meraviglioso precario equilibrio, che sostiene il nostro essere, che sostiene il nostro modo di pensare e di agire...siamo semplicemente filobatici, siamo semplicemente acrobatici.....
dov'è è la magia insita in tutto ciò, ci si potrebbe domandare. semplicemente tornare bambini, rischiare, camminare su un filo immaginario, un piede dopo l'altro lentamente, un gioco carico di sensazioni, di adrenalina che ci fa sentir vivi. Qualcuno riesce anche a volare, ma per ora è bello anche soltanto volteggiare sapendo che un trapezio è lì a sostenere le nostre piroette....
non è facile comprendere, non è facile accettare tutto questo, ma è così bello sentire l'aria sotto i nostri piedi,  nessuna intenzione di scendere, soltanto la voglia infinita di continuare a camminare sulle punte, magari accompagnato dal suono di una dolce melodia che segue il nostro dolce incedere....

musica Trilly......

venerdì 18 marzo 2011

Historia de una Gaviota y del gato que le enseno a volar

...perchè non bisogna mai soffermarsi alle apparenze......un libro, forse un po' banale,  nasconde insegnamenti importanti...nelle cose semplici si celano le sorprese più belle...





"Sentimos que tambièn nos quieres, que somos tus amigos, tu familia, y es bueno que sepas que contigo aprendimos algo que nos llena de orgullo: aprendimos a apreciar, respectar y querer a un ser diferente. Es muy fàcil aceptar y querer a lo que son igual a nosotros, pero hacerlo con alguien diferente es muy difìcil y tù nos ayudaste a consgeuirlo. Eres una gaviota y debes seguir tu destino de gaviota. Deber volar. Cuando lo consigas, Afortunada, te aseguro que seràs feliz, y entonces tus sentimientos hacia nosostros y lo nuestros hacia ti seràn màs intensos y bellos, porque serà el cariño entre seres totalmente diferentes”.


“- Vas a volar, Afortunada. Respira. Siente la lluvia. Es agua. En tu vida tendràs muchos motivos para ser feliz, uno de ellos se llama agua, otro se llama viento, otro se llama sol y siempre llega como recompensa luego de la lluvia. Siente la lluvia. Abres las alas.......Vas a volar. Todo el cielo serà tuyo.......Vuela!”
“ – Si, al bo...rde del vacìo comprendiò lo màs importante-
Ah si? Y que es lo que comprendiò?
Que sòlo vuela el que se atreve a hacerlo”


Il coraggio di dire le cose....l'oggettività non esiste....

Gervasio Sànchez
         Discurso pronunciado al recibir el Premio Ortega y     Gasset de periodismo-


"Es verdad que las armas que circulan por los campos de batalla suelen fabricarse en países desarrollados como el nuestro, que fue un gran exportador de minas en el pasado y que hoy dedica muy poco esfuerzo a la ayuda a las víctimas de la minas... y al desminado.
Es verdad que todos los gobiernos españoles desde el inicio de la transición encabezados por los presidentes Adolfo Suarez, Leopoldo Calvo Sotelo, Felipe González, José María Aznar y José Luis Rodríguez Zapatero permitieron y permiten las ventas de armas españolas a países con conflictos internos o guerras abiertas.
Es verdad que en la anterior legislatura se ha duplicado la venta de armas españolas al mismo tiempo que el presidente incidía en su mensaje contra la guerra y que hoy fabriquemos cuatro tipos distintos de bombas de racimo cuyo comportamiento en el terreno es similar al de las minas antipersonas.
Es verdad que me siento escandalizado cada vez que me topo con armas españolas en los olvidados campos de batalla del tercer mundo y que me avergüenzo de mis representantes políticos.
Pero como Martin Luther King me quiero negar a creer que el banco de la justicia está en quiebra, y como él, yo también tengo un sueño: que, por fin, un presidente de un gobierno español tenga las agallas suficientes para poner fin al silencioso mercadeo de armas que convierte a nuestro país, nos guste o no, en un exportador de la muerte
."

y sobre los desaparecidos........


..... "Una guerra no es como un partido de fútbol que finaliza cuando el árbitro guarda el silbato. Ni tampoco concluye cuando cesan los bombardeos y dejan de acumularse víctimas. ¿Podríamos decir que acaba cuando se superan sus dramáticas consecuencias? Sí, pero entonces la respuesta podría ser nunca".

mercoledì 16 marzo 2011

Rischio –Filobatismo - Emigrazione –Equilibrio 1

Oggi è il mio compleanno, non anagrafico ma il giorno di una nascita diversa, di un nuovo percorso, un percorso lento, incerto, fatto di passato, presente e futuro, tutto condensato insieme in un unico momento. Si badi bene, non una ri-nascita, ma una nascita. Genesi, origine, principio. Ma pensandoci bene, esiste una  differenza tra principio e fine? Probabilmente no, semplicemente l’uno è la continuazione dell’altro, un filo conduttore che lega differenti periodi di una vita. Così è, così è stato, così sarà. È giunta la fine di un percorso ma al contempo questo momento segna l’apertura di un nuovo inizio.
Da dove origina un principio?
Nella maggior parte delle ipotesi da una crisi, da un momento di rottura di un equilibrio, generalmente definito “strappo”, che nella sua precarietà è stato tuttavia costruito faticosamente nel tempo. Un nesso inscindibile senza il quale non si potrebbe avere un principio.
Crisi = Fine = Rottura = Inizio.
Nella sua drammaticità, anche la peggiore della crisi è, infatti, un momento di ripartenza, una fase transitoria che obbliga ad una riorganizzazione della propria vita, implicando un cambiamento delle relazioni, di tutto l’intero sé, spesso accompagnato da momenti di stress ed angoscia, alla ricerca del ripristino di quell’equilibrio abbandonato, perduto. Un po’ come il mito della Fenice che risorge dalle proprie ceneri.
Proprio questo tema è il titolo dell’ultimo libro di Tiziano Terzani, “La fine è il mio inizio”. Sfogliare le pagine di questo testo, trascina il lettore alla scoperta  stessa del  viaggio medesimo, rappresentando l’essenza stessa del viaggio, percorso finale della vita. Tale consapevolezza nasce dalle esperienze fatte dallo scrittore nel corso della sua vita, in particolare attraverso gli innumerevoli viaggi realizzati prevalentemente nel continente asiatico, come noto panacea di innumerevoli influssi religiosi.
Proprio il “viaggio”, portato alle sue estreme conseguenze, inteso come “emigrazione” è oggetto di analisi e di profonde indagini da parte di sociologi, psicologi e psiconalisti. L’emigrazione, infatti, è fenomeno antico come l’uomo ma dall’aspetto sempre diverso ed assolutamente dinamico. Ed è proprio analizzando la personalità e la predisposizione individuale  alla partenza, al distacco che in psicoanalisi Enid Balint, distinse due diversi atteggiamenti: l’ocnofilia ed il filobatismo. Entrambi i termini di etimologia greca indicano, rispettivamente, l’atteggiamento di “aggrapparsi”, di tenersi saldamente attaccato all’oggetto. In particolare, rientrano in questa categoria quelle persone che tendono a rimanere legati a ciò che si ha. Coloro i quali restano aggrappati ai posti in cui si vive, alla sicurezza costruita nel corso del tempo. In altre parole, l’ocnofilo si sente al sicuro in presenza dell’oggetto e avverte come un pericolo gli spazi aperti e vuoti. L’ocnofilo vive nell’illusione di essere al sicuro per tutto il tempo in cui rimane in contatto con un oggetto che gli da sicurezza. Il filobate, al contrario, è chi ha la capacità di “camminare sulle punta dei piedi”. Il Filobate è un acrobata, che si stacca dalla terra sicura e si avventura nello spazio vuoto. Un soggetto dotato di una spiccata tendenza al cambiamento, all’avventura, al non creare legami solidi con cose e persone che si incontrano nel corso della vita.
 L’appartenenza all’una o all’altra di queste categorie, è alla base del fenomeno migratorio. In particolare, per il filobate l’incontro con gli oggetti nello spazio vuoto, costituisce un rischio. Da ciò deriva, una spiccata propensione al rischio. Alla stregua dell’acrobata, il filobate esegue incredibili evoluzioni spinto dal suo desiderio di esporsi a situazioni – brivido, caratterizzate dal volontario allontanarsi dalla sicurezza offerta dallo stare con i piedi per terra, facendo esclusivo affidamento sulle proprie competenze e capacità e sul suo equipaggiamento.  Per tale ragione, il filobate intende il rischio, secondo una valenza positiva, intesa come il prezzo da pagare nella corsa all’affrancamento dalla Società. Rischiare in altre parole equivale, per il filobate, ad agire, conquistare, crescere, sia che si tratti di una scoperta scientifica che di una esplorazione.
E cos’è un viaggio se non appunto un rischio, una scommessa, verso l’ignoto.
Oggi è il mio compleanno ed è da qui che inizia il mio viaggio.
Ed il mio regalo è una poesia di diversi anni fa, giunta tra le mani in questi giorni, quasi per caso, nella ricerca ossessiva della profondità delle cose. La poesia, intitolata appunto viaggio, narra la storia di una nave che si accinge a prendere il largo. Prima di partire, il suo capitano caricò la nave con tutto ciò che ricevette in dono, la dipinse a tinte sgargianti e investì tutte le sue energie affinché fosse splendida per quel viaggio. Dopo aver atteso tanto,finalmente giunse il tempo di salpare e così fu. Giunti in mare aperto, lottando con tempeste e mareggiate, il capitano, il suo equipaggio e la nave stessa, scoprirono una amara verità. E quella verità era la solitudine, faro per il capitano verso nuove rotte. Una rotta diversa da quella che gli era stata insegnata nel porto, una rotta differente, soggettiva, personale, che infondeva al viaggio stesso un sapore diverso.

"Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.
Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto –proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…
(Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo)
Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove
Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce
E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
A dornare l’inazione con le parolee minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti
E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa
porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa
E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino
E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto atorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso
E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luce"
                                                                  ( A. Panagulis )




Perchè.....

perchè?
perchè cosa?
perchè questo blog?
perchè un cambiamento, positivo o negativo che sia, porta sempre con sè una ventata di cambiamento, e questo blog è il frutto del mio "wind of change" personale....da qui inizia l'avventura....
benvenuti a tutti

http://www.youtube.com/watch?v=YFh2vpGeoIk