martedì 17 maggio 2011

Un Naso rosso da Patch Adams a Miloud Oukili




…..Correva l’anno 1988, ed in Italia usciva un Film tratto da una storia reale. Un medico (interpretto da Robin Williams) attraverso un naso rosso da Clown cura i suoi pazienti attraverso la risoterapia,  Da questo film si è iniziata a diffondere la cultura del sorriso abbattendo molte resistenze ed iniziando ad attribuire e riconoscere valore al contatto umano.  Ridere è contagioso! Noi dobbiamo curare la persona, oltre alla Malattia” (Patch Adams).
Questa commedia, di per sé drammatica, è ulteriormente arricchita da una poesia di P.Neruda che ne sdrammatizza i toni e solleva l’animo

“Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno”.

Dagli Stati Uniti e dal Clown Adams, ci trasferiamo nel vecchio continente, in un viaggio che inizia a Parigi e termina a Bucarest. Un film Parada anch’esso tratto da una storia reale la vita di Miloud Oukili e dei bambini dei sottosuoli della capitale Romena. “Sono andato in Romania per starci un mese e mezzo, e ci sono rimasto sette anni”.  Nonostante il successo ottenuto come foto-modello, il suo sogno è fare il clown.  Così dopo aver lasciato le passerelle ed essersi diplomato alla scuola di arti circensi si reca in Romania dove lavora per l'associazione "Handicap International" come animatore in ospedali, orfanotrofi e centri per disabili (un Patch Adams senza la laurea in medicina). A Bucarest organizza spettacoli per le strade e le piazze della città e crea la Fundatia PARADA, una fondazione dedicata al recupero dei bambini e dei ragazzi che vivono nei sotterranei della città.
Elena Marchi  che ha raccolto molte informazioni su Milud attraverso il libro di Paola MordigliaRandagi” e diverse informazioni raccolte mediante differenti siti Internet ci offre una pagina di una bellezza estrema sopra l’opera di questo incredibile Peter Pan.

La storia è ambientata in Romania, a Bucarest. Inizia nel 1992, e non è ancora finita. Miloud è parigino , di padre algerino e madre francese. Faceva il modello, guadagnava un bel po' di soldi sulle passerelle. Aveva un sogno: fare il clown e voleva che questo suo sogno non rimanesse rannicchiato in una delle tasche di qualche giacca da defilé:
<<Come modello non avrei avuto molte chances perché non ci voleva passione, e io ne avevo tanta che non sapevo dove piazzare. Avrei voluto tornare ad Algeri, dove ero nato alle quattro di un mattino in una strada piena di odori, ma l'Algeria sembrava aver aspettato i miei vent'anni, per divenirmi inaccessibile.>>
Miloud concentrò tutta la sua energia su Bucarest, perché dopo la fine del comunismo, gli sembrava una pietra sconosciuta del "muro", di cui nessuno parlava, isolata e in silenzio da più di vent'anni. Si sentiva un pioniere, in fondo qualunque posto andava bene, un posto dove potesse provarci davvero a far ridere qualcuno che non lo aveva mai fatto.
<<Sono andato in Romania per starci un mese e mezzo, e ci sono rimasto per sette anni [...] ma uno che rimane in Romania per sette anni deve avere qualcosa che non funziona, e io passo giornate intere a cercare di capire cosa mi si è inceppato [...] Volevo non avere responsabilità, godermi la vita e succhiarla fino infondo, invece è lei che ha succhiato me [...] Pensavo che la Romania fosse identica all'Ungheria, di fatto confondevo le capitali, come succede a tanti.[...] Credevo che la guerra fosse finita , ma da quando sono nei Balcani è guerra tutti i giorni ed ero convinto che non avrei mai avuto figli, ma ne ho collezionati a decine. Pensavo di essere un tipo riservato, e pensavo di non poter fare un mestiere in mezzo alla gente. Invece sono diventato un clown [...] padre dei ragazzini di strada. Quelli che vivono nei canali. Quelli che si drogano e rubano alle vecchiette. Quelli violenti[...] Com'è iniziato tutto? Ho perso il treno.>>
Era l'inverno del 1992. Miloud era rimasto alla stazione in piena notte e non sapeva che fare:
<<Improvvisamente me li sono trovati tutti intorno, come lupi che cercano una preda. Vi ho visti agli spettacoli, vi ricordate? Sono quello che fa il clown per strada , quello con il naso rosso [...]. Non parlano, ma forse sono io che non mi faccio capire. [...] Se ne stanno lì immobili a guardarmi e ad aspirare certi sacchettini bianchi che rendono i loro sguardi famelici.>>
Questo tipo di droga è l'aurolac , colla industriale; costa poco e si può trovare facilmente nei negozi rumeni. I bambini che vivono nelle fogne di Bucarest ne fanno uso. Gli effetti di questo tipo di droga sono devastanti; è un killer che li uccide lentamente e li rende privi di emozioni. Come gran parte delle droghe, è il modo più facile per non pensare. Miloud era stanco quella notte e decise di smettere di fare il pagliaccio:
<<Buona notte ragazzi , me ne vado a dormire.
E dove vai? Chiede uno di loro.
Qualche posto troverò.>>

Finalmente inizia un dialogo tra il clown ed "i ragazzi di strada" che fino allora erano rimasti impietriti a guardare Miloud.
<<Che cos'è un clown?
Uno che fa ridere.
Fa ridere chi?
Tutti, grandi e piccoli.
Piccoli quanto?
Piccoli bambini, come voi.
Noi non siamo bambini.
E allora cosa siete?
Siamo boskettari.
Cosa vuol dire?
Che veniamo dai boschi.
Quali boschi?
Le stavo facendo io le domande.
Ok, ok, continua.
I clown non dovrebbero essere al circo?
Anche, anche al circo.
E allora perché non ci sei?
Perché io sto per strada.
Ti hanno licenziato?
No.
E allora cosa ci fai per strada?
Ci lavoro.
Non è vero , per strada non si lavora. Si ruba. Solo le puttane e i tassisti lavorano per strada. Sei una puttana ?
No.
Un tassista?
No.
Ma chi ti paga, a te?
A volte non mi pagano.
E allora chi te lo fa fare?>>

Miloud fu invitato dai ragazzini a dormire con loro; forse anche per curiosità nei confronti di questo strano essere che insiste a far ridere le persone. La prima notte passata con i "boskettari" fu all'interno dell'ex archivio della stazione, raggiunto attraverso i tombini e quindi nel sottosuolo. Ma perché a Bucarest ci sono tutti questi tombini che conducono nel sottosuolo? Dati i freddi inverni rumeni che durano otto mesi l'anno Ceausescu ha fatto costruire un sistema di riscaldamento come a Mosca. È una rete di canali di acqua calda che attraverso il sottosuolo entra in tutte le case; in ogni casa c'è una botola . Così se qualcuno aveva idee strane in testa lo si poteva controllare mentre ne parlava a cena. Un dittatore, un genio, Ceausescu. Sotto Bucarest esiste un'altra città che prima era un sistema di controllo della "securitate"; adesso è la città dei bambini, dei "boskettari".
<<La porta di casa nostra, invece d'aprirla, la alziamo. Non è una porta come tutte le altre, è un coperchio come quello delle pentole. È il tappo di un tombino, all'angolo di una strada, o in mezzo ai giardini della stazione. Le scale di casa nostra, invece di salire, le scendiamo. Vanno in giù, verticali e ripide, come se fossero dentro un camino, dentro una galleria, dentro un canale. La luce di casa nostra non è elettrica, mettiamo tante candele, sottili fiamme che si allungano, appiccicate ai muri umidi, caldi. I letti in casa nostra non sono materassi, ma cartoni, sovrapposti l'uno all'altro, marroni e un po' sgualciti agli angoli. Alcuni di noi hanno anche il letto matrimoniale, hanno persino messo dei cartoni separatori, per fare le loro cose. I bagni in casa nostra non sono comodissimi, bisogna camminare a lungo percorrendo i canali, al buio, e stando molto attenti perché ci sono passaggi pericolosi. Però c'è persino l'acqua, è calda, caldissima e quando ne abbiamo voglia ci laviamo. Il riscaldamento di casa nostra è il motivo per cui abbiamo deciso di vivere qui. A Bucarest , in Romania, nell'Est Europa, sottoterra passano enormi tubi dell'acqua calda, che riscaldano tutta la città. I tubi d'inverno scottano, puzzano e sudano, e quando fa freddo, ma freddo da bestemmiare, noi chiudiamo il coperchio di casa nostra, ci sdraiamo sui nostri cartoni, anche su quelli matrimoniali, accendiamo tutte le luci e stiamo lì, tra le ombre che si riflettono sui muri umidi, sui tubi caldi. Stiamo lì a parlare di tutte le cose che ci vengono in mente, a fumare, ad aspirare la colla quando il freddo e la fame ci prendono a morsi.>>
Anche nella moderna Europa "occidentale" ci sono bimbi che vivono per strada soprattutto nelle periferie delle grandi città come: Milano, Londra, Parigi, ecc. Fino a quando sono bambini non sono pericolosi ma appena crescono e diventano adolescenti cominciano a creare problemi. I ragazzi che vivono per strada diventano violenti soprattutto perché vedono un mondo splendido intorno a loro che non possono avere, toccare. Allora lo rubano, lo uccidono, lo annientano. Invece i bimbi rumeni vivono in quel loro mondo guardando una carcassa di nazione su cui gli stranieri svolazzano come avvoltoi. Bimbi frustrati, abusati, disillusi. Sembra che non ci sia altro da fare che prendersi quel mondo che gli è stato lasciato e cercare in qualche modo di farne parte; anche se costretti ad una vita da topi. Molti in Romania sono andati a portare solidarietà, con camion umanitari, attraverso varie associazioni di volontariato. Altri sono andati in Romania ad aprire fabbriche .
<<Mi guarda sornione l'imprenditore che ha investito tutto nel tessile, perché in Romania il tessile è una miniera da sfruttare, e si possono moltiplicare i milioni utilizzando una manodopera che si accontenta di poco.
Sono stato uno dei primi, io, ad arrivare in Romania. Sono arrivato con i camion, a dare una mano a questa povera gente. Poi mi ci sono fermato, prima facevo il pendolare, avanti e indietro con l'aereo, come un piccione viaggiatore. Poi mi sono detto: senti, le ragazze qua sono mica male, io mi fermo un po'. E ho messo su una fabbrichetta. Tu sei un clown, li puoi far divertire, certo, ma non è che puoi dare a loro da vivere.[...] Il divertimento te lo facciamo fare a te, noi pensiamo agli affari, ok?
Ok, ok.
Brindiamoci su, dài, non fare quella faccia lì, ehi, ma voi clown siete sempre tristi! Su con la vita, dài grinta! Alla Romania, alla rivoluzione, e alle ragazze rumene, angeli dell'Est!>>

Miloud era arrivato in Romania come collaboratore di un'associazione umanitaria francese ed era incaricato di andare negli ospedali e orfanotrofi a portare un sorriso a quei bambini attraverso il suo lavoro, la sua arte. Tutto questo prima d'incontrare i "boskettari". Uno degli ospedali che Miloud visitò fu quello di Vidra.
<<Non riuscivo a rassegnarmi all'idea che quel centinaio di bambini dell'orfanotrofio fossero destinati ad una morte voluta. Ricordavo gli articoli che erano usciti in Francia a proposito delle trasfusioni "orizzontali" compiute per il volere di Ceausescu ai tempi della dittatura. Avevo letto che quelle trasfusioni avevano contaminato il sangue di una percentuale altissima di bambini, praticamente un'intera generazione. 8000 casi di bambini affetti da Aids in Romania dall'87 a oggi. La ragazza che mi accompagnava all'istituto quantificava i miei pensieri e mi dava numeri da appiccicare alle facce dei piccoli.
Prendevano i neonati e facevano le punture, mi ricordo.
La direttrice dell'orfanotrofio mi scandiva, in un francese rispolverato, gli ordini che le erano stati impartiti ai tempi della dittatura: era vietato scrivere il nome di questo virus nelle schede dei pazienti, le trasfusioni sono state fatte in via sperimentale, forse non si immaginava di provocare questo danno, ma, guardi, Monsieur Oukili, io sono medico, e queste cose un medico le sa.[...] Quando entravo nelle stanze dei bambini non sapevo come comportarmi, mi sentivo un'idiota a indossare il naso rosso e a suonare la fisarmonica, ma se non l'avessi fatto sarebbe stato peggio.
Così mi diceva l'assistente sociale:
Loro non sanno niente , loro ignorano qualsiasi cosa, loro credono che , quando non vedono più un loro compagno, sia stato portato via dalla madre o da qualche parente. Più la ragazza mi spiegava il metodo per non tradirmi, più avrei voluto dir loro la verità, ma sapevo che, anche mi fossi messo lì a spiegare, non avrei trovato parole adeguate per esprimermi, perché di ragioni valide non ce n'erano, e non ce ne sarebbero mai state.
"Un esperimento è un esperimento, si può anche sbagliare". [...] La sensazione che , per quante cose tremende tu possa vedere, non ci fai mai abbastanza l'abitudine.>>

Molti bambini soli che vivono negli istituti in Romania scappano. Preferiscono vivere per strada. Qualche ragazzo scappa anche dalle famiglie, dove molte volte viene maltrattato.
<<I bambini saremmo noi, ci siamo fatti furbi e abbiamo pensato che era meglio vivere per strada, piuttosto che prendersi botte tutto il giorno o rimanere parcheggiati in qualche istituto>>.
Da quando Miloud aveva perso il treno e alla stazione aveva incontrato i "boskettari" divideva molto del suo tempo con loro, nel sottosuolo di quella città; aveva acquistato la loro fiducia. Quel clown divenne piano piano un padre, qualcuno da seguire, qualcuno che gli insegnava un nuovo sistema per uscire alla luce con dignità. I ragazzi cominciarono, un po' per gioco, ad usare gli attrezzi di Miloud . Una parte degli attrezzi erano andati persi allora i ragazzi avevano cercato di ricostruirli con le povere cose che erano riusciti a trovare, assi di legno, carta pesta per le palline, ecc. Alle autorità rumene quel clown francese cominciava a dare fastidio. L'idea che si cominciasse a conoscere, grazie anche all'opera di Miloud, il problema dei tanti bambini rumeni costretti a vivere in miseria, nell'indifferenza di molti loro connazionali non era certo allettante per il nuovo governo rumeno. Questi ragazzi lasciati soli nell'indifferenza di molti; come se il loro mondo fosse un mondo parallelo, che vive sotto terra, senza nessun contatto con la superficie. Miloud fu costretto a rientrare a Parigi e quando riuscì a tornare a Bucarest era successo un "casino".
<<In un casino di che tipo?
Hanno messo la pedana di un vigile sopra l'entrata del tombino.[...]
Abbiamo rapito il vigile e distrutto la pedana.
Come avete fatto?
A colpi di spranga.
E il vigile dov'è?
Nel canale di Catalin, ma sta bene, non ti preoccupare. Sta bene.>>

Il vigile viene liberato da Miloud ma le conseguenze non si fanno attendere. L'organizzatore del rapimento, un bambino di circa quindici anni, viene preso e mandato nell'orfanotrofio di Tataray. Per Natale Miloud e Tatjana, l'assistente sociale, decidono di andare a trovarlo; il suo nome è Ilie. Ma l'orfanotrofio di Tataray era, in effetti, un istituto per bambini malati di mente.
<<Noi non siamo malati mentali, siamo pazzi. Noi siamo handicappati, abbiamo disturbi. Non siamo ritardati, abbiamo paura. Non abbiamo problemi a socializzare, ma a diventare grandi. Non è che non vogliamo giocare, non ci sono giochi. Non facciamo capricci per mangiare, divorano tutto le mosche. Non è che non ci vogliamo lavare, non ci lavano. Quelli che davvero hanno problemi fisici e mentali, li lasciano morire. Le infermiere hanno solo le braccia per sollevarli e cambiarli di posizione. Non hanno neanche il diploma da infermiera, ma grembiuli bianchi che diventano neri dopo un giorno, poi per sempre. Non hanno lavanderia , lavano tutto a mano. Senza sapone , perché non ce n'è . Non hanno pannolini , e fasciano con le garze. Ma quando finiscono le garze lasciano che impuzziamo il materasso, le lenzuola e il pavimento di escrementi, e viene fuori una puzza che tramortisce e fa vomitare.
Noi siamo pazzi perché non ci fanno uscire da qui, ci tengono chiusi come fossimo in gabbia, hanno messo le sbarre alle finestre e quando andiamo a dormire ci legano al letto. Siamo pazzi perché è più facile sbarazzarsi di noi, ma come tutti i pazzi abbiamo ragione, quando sputiamo in faccia al primo venuto, o ringhiamo a chi se ne va.>>

Miloud e Tatjana arrivarono all'istituto di Tataray. Il giardino all'esterno era accogliente, anche se non curato. Una suora li accompagnò all'entrata; fino allora non sembrava che quell'istituto si meritasse la fama negativa che aveva. Ma , appena oltrepassata la porta d'ingresso, si resero conto che la ragione di quella cattiva fama c'era, lì, sotto i loro occhi. Entrarono in una stanza che doveva essere la sala ricreativa.
<<La chiazza bagnata che si estendeva sul pavimento era pipì, i bambini ci sguazzavano seduti e sdraiati, avvolti in vestiti leggeri, o in maglioni che divoravano le loro mani.[...] Gli sguardi si inchiodarono tutti insieme su di me [...]. Nella "sala ricreativa" di giochi non ce n'erano, ma non c'erano neppure sedie e tavoli, non c'erano quaderni, matite e colori. [...] Appena estrassi una pallina colorata dalla tasca della giacca, mi si attaccarono alle mani, alle gambe e ai piedi, tirando, spingendo e infilando le dita e i musi dappertutto.
Non avevano alcuna idea di chi fossi io, ma non avevano timore, si vedeva che nessuno li aveva picchiati, maltrattati o violentati, perché nutrivano ancora una fiducia cieca in chiunque entrasse da una qualunque porta[...].
- Non è arrivato da voi un bambino di circa dieci anni, un mese fa, con le lentiggini e un cappello di paglia in testa?
- Quello che si è tagliato un orecchio?
- Quello.
- Ha quindici anni, non dieci, dice di chiamarsi Ilie.
- È lui.
- È in quella baracca laggiù, non vuole stare con gli altri bambini, li picchia, dice che lui non è malato, dice solo che non riesce più a piangere.[...]
- Ilie, vieni fuori di lì, sono Miloud.>>
-
Ilie tornò a Bucarest con Miloud e si fece curare le ferite che si era auto provocato, rischiando di morire dissanguato. Ilie fu portato d'urgenza all'ospedale. Miloud insieme a Zaccaria, un piccolo amico di Ilie, stavano fuori dall'ospedale ,aspettando notizie dai dottori sulla salute di Ilie. In una terra che mescolava rumeni, ucraini, ungheresi, tedeschi e rom il nonno di Zaccaria non sapeva accettare il colore, scuro, della pelle di suo nipote. Zaccaria viveva per strada da un paio d'anni e ogni tanto tornava a farsi coccolare a casa dalla nonna e a farsi insultare dal nonno . Ora era lì fuori, al freddo, ad aspettare notizie su Ilie insieme a Mioud.

<< Perché non vai nei canali, Zac, fa freddo qui.
Dai canali non si vede.
Cosa?
La luna.
Ti piace la luna?
Quando è tonda.
Perché?
Sembra una porta.
Una porta?
Sembra il coperchio di un tombino.
Davvero?
Quando è tonda, se la guardi bene, sembra l'ingresso di un canale.
Ah.
Nina mi ha detto che un giorno ci andiamo . Ha detto che quando moriamo, andiamo tutti nel canale della luna, che è bellissimo, non fa freddo e non puzza.
Davvero?
Certo ha detto che ci vanno tutti i boskettari [...].
La guardi tutte le notti?
No , solo quando penso che qualcuno potrebbe morire.
Chi deve morire?
Voglio controllare se Ilie ci va stanotte.
Ma Ilie non muore.
Meglio controllare.
Ah.
Rimanemmo lì, seduti sul marciapiede, ad aspettare la luna tombino.
Zaccaria si addormentò viola di freddo, con la bocca piena di dolcetti.
Ilie non entrò nel canale del cielo, rimasi sveglio a controllare, fino alla mattina seguente.>>

Miloud è riuscito ad avere la fiducia di questi ragazzi, grazie al sapere ascoltarli, condividendo con loro tempo, sentimenti, paure, sofferenze e un naso rosso da clown. Molti di questi ragazzi di Bucarest hanno imparato l'arte circense e hanno cominciato delle piccole tourné, prima in Romania e poi per tutta Europa portando un sorriso di speranza contro l'indifferenza

Una favola dei tempi moderni, una favola reale, che non ha una fine…per questo è stata realizzata una fondazione, www.Parada.it che invito a seguire per maggiori informazioni e per sostener in qualunque modo tale progetto.


 


domenica 15 maggio 2011

Quando la musica diventa poesia.....

una poesia, un'ode, un inno alla vita, esistono ancora cose per cui è bello credere alla bontà umana