giovedì 5 dicembre 2013


Ascoltate state attenti e sentite, poiché questo avvenne accadde e successe, quando gli animali domestici erano selvatici. Il Cane era selvatico, ed il Cavallo era selvatico, e la Mucca era selvatica, e la Pecora era selvatica, ed il Maiale era selvatico -tanto selvatici quanto si può essere selvatici- e si aggiravano per i boschi selvaggi ed umidi ciascuno nel suo modo selvaggio. Ma il più selvatico di tutti gli animali selvatici era il Gatto che se ne stava per i fatti suoi e per cui lui ogni posto valeva l’altro.
Ovviamente anche l’Uomo era selvatico. Era spaventosamente selvatico. Non aveva neanche cominciato ad incivilirsi finché non ebbe incontrato la Donna, ed ella gli disse che non le andava di vivere in quel modo selvaggio. Lei scelse una Grotta graziosa ed asciutta, anziché un mucchio di foglie umide su cui giacere; cosparse il pavimento di sabbia pulita; ed accese un bel fuoco di legna infondo alla Grotta; ed appese una pelle di cavallo selvaggio con la coda all’ingiù all’ingresso della Grotta; e disse: “Pulisciti i piedi prima di entrare, caro, ed avremo una casa”.

Quella notte mangiarono pecora selvatica arrostita sulle pietre ardenti, e la aromatizzarono con aglio selvatico e pepe selvatico; e oca selvatica stufata; e ciliegie selvatiche. Poi l’uomo andò a dormire davanti al fuoco ed era così felice come non lo era mai stato, ma la donna rimase sveglia a pettinarsi; prese l’osso della spalla di montone -il grosso osso piatto della scapola- e guardò i meravigliosi segni che aveva, attizzò la legna e fece più fuoco, e recitò un incantesimo. Fece il primo incantesimo cantato del mondo.
Fuori negli umidi boschi selvaggi, tutti gli animali selvatici si erano radunati dove potevano vedere la luce del fuoco da lontano, e si domandavano cosa significasse.

Il Cavallo selvatico scalpitò con il suo piede selvatico e disse: “Oh amici miei e oh nemici miei, perché l’Uomo e la Donna hanno fatto quella grande luce in quella grande Grotta, e che pericolo rappresenterà per noi?”
Il Cane selvatico alzò il suo naso selvatico e sentì l’odore del montone arrostito e disse: “Andrò a vedere, guarderò e riferirò; poiché credo che sia cosa buona. Gatto, vieni con me”. “ Naa!” disse il Gatto. “ Io sono il Gatto che sta per i fatti suoi, ed un luogo vale l’altro per me. Non verrò”. “ Allora non saremo mai più amici” disse il Cane selvatico, e si avviò verso la Grotta.  Ma quando si fu allontanato il Gatto si disse “un posto vale l’altro per me. Perché non dovrei andare a vedere e tornare a mio piacimento?” Così sgattaiolò dietro il Cane selvatico silenziosamente, molto silenziosamente, e si nascose dove poteva udire tutto. Quando il Cane selvatico ebbe raggiunto l’ingresso della grotta, sollevò la pelle di cavallo selvatico con il naso ed annusò il buon odore di montone arrostito, e la Donna che stava ammirando l’osso della scapola, lo sentì, e rise, e disse: “Ecco il primo. Selvaggio dei boschi selvatici, cosa vuoi?”

Cane Selvatico disse: “Oh mia nemica e moglie del mio nemico, cos’è che emana questo meraviglioso odore per i boschi selvatici?” Allora la Donna prese un osso di montone arrostito e lo lanciò a Cane Selvatico e disse “ Selvaggio, assaggia e prova.” Cane Selvatico rosicchiò l’osso ed era la cosa più deliziosa che avesse mai gustato e disse: “Oh mia nemica e moglie del mio nemico dammene un altro.” La Donna disse “Selvaggio dei boschi selvatici, aiuta il mio Uomo a cacciare durante il giorno e veglia sulla Grotta la notte, e ti darò tutte le ossa d’arrosto di cui hai bisogno”.
“Ah!” disse il Gatto che ascoltava “Questa è davvero una Donna intelligente, ma non tanto quanto me”.
 Cane Selvatico entrò dentro la Grotta e poggiò il muso sul ventre della Donna e disse: “Oh mia amica e moglie del mio amico, io aiuterò il tuo Uomo a cacciare durante il giorno e veglierò la tua Grotta ogni notte”. “Ah” disse il Gatto, che stava ad ascoltare, “che cane sciocco” e tornò agli umidi boschi selvatici scodinzolando la sua coda selvatica e procedendo verso la sua solitudine. Ma non riferì niente ad alcuno.

Quando l’Uomo si svegliò disse: “Che ci fa qui Cane Selvatico?” e la Donna disse: “Il suo nome non è più cane selvatico, ma Migliore Amico, poiché sarà nostro amico ora e per sempre. Portalo con te quando vai a caccia”.
La notte successiva la Donna raccolse erba fresca verde a braccia piene dai prati rugiadosi, e l’asciugò davanti al fuoco in modo che odorasse di fieno appena mietuto, e si sedette  sull’ingresso della Grotta ad intrecciare una cavezza, e guardò l’osso della scapola del montone -il grosso osso piatto- e fece l’incantesimo. Fece il secondo incantesimo cantato del mondo.
Fuori nei boschi selvatici tutti gli animali selvatici si domandavano cosa fosse successo a Cane Selvatico, ed alla fine Cavallo Selvatico disse “Andrò a vedere e vi riferirò perché Cane Selvatico non è più tornato. Gatto, vieni con me.”
“Naa!” disse il Gatto. “Io sono il Gatto che va per i fatti suoi e per me un posto vale l’altro. Non verrò”. Ma comunque seguì di nascosto Cavallo Selvatico, molto silenziosamente e si nascose dove poteva sentire tutto. Quando la Donna udì Cavallo Selvatico incespicare e scalpitare nella lunga criniera, rise e disse: “Ecco il secondo. Selvaggio dei boschi selvatici, cosa vuoi?”
Cavallo Selvatico disse: “Oh mia nemica e moglie del mio nemico, dov’ è Cane selvatico?”
La Donna rise, prese il grosso osso piatto e lo guardò e disse: “Selvaggio dei boschi selvatici, tu non sei venuto per Cane Selvatico, ma per il gusto di questa buona erba.”

E Cavallo Selvatico disse: “E’ vero, dammela da mangiare.” La Donna disse: “Selvaggio dei boschi selvaggi, porgimi il capo ed indossa ciò che ti do e gusterai quest’ erba meravigliosa tre volte al giorno.”
“Ah!” disse il Gatto che stava ad ascoltare “questa è una Donna davvero intelligente, ma non tanto quanto me”. Cavallo Selvatico piegò la sua testa selvaggia e la Donna gli infilò la cavezza, e Cavallo Selvatico soffiò sui piedi della Donna e disse: “Oh, mia signora, e moglie del mio signore, sarò tuo servo per amore di quest’ erba meravigliosa”. “Ah!” disse il Gatto che ascoltava “Che cavallo sciocco”.
E ritornò nei boschi umidi scodinzolando la sua coda selvaggia e andando per la sua solitudine, ma non disse niente a nessuno.
Quando l’Uomo e il Cane tornarono dalla caccia, l’Uomo disse: “Che ci fa qui Cavallo Selvatico?” e la donna disse:”Il suo nome non è più Cavallo Selvatico, ma Miglior Servitore, poiché ci trasporterà da un luogo all’altro ora e per sempre. Cavalca sul suo dorso, quando vai a caccia”.

Il giorno successivo, tenendo la sua testa selvaggia in modo che le sue corna selvagge non si impigliassero tra i rami selvaggi, Mucca Selvatica giunse alla Grotta, e il Gatto la seguì e si nascose nello stesso modo di prima, e tutto accadde come le altre volte, e quando Mucca Selvatica ebbe promesso di dare alla Donna ogni giorno latte in cambio dell’erba meravigliosa, il Gatto tornò negli umidi boschi selvaggi, scodinzolando la sua coda selvaggia e andando per la sua selvaggia solitudine proprio come le altre volte. Ma non disse niente a nessuno. E quando l’Uomo e il Cavallo e il Cane di nuovo tornarono a casa dalla caccia e fecero la stesse domande delle altre volte la Donna disse:”Il suo nome non è più Mucca Selvatica, ma Fornitrice di buon cibo. Ci darà il bianco, caldo latte ora e per sempre e io mi occuperò di lei mentre tu, il Migliore Amico e il Miglior Servitore andrete a caccia”.
Il giorno successivo il Gatto aspettava di vedere quale altro animale selvaggio salisse verso la Grotta, ma nessuno si mosse negli umidi boschi selvaggi, così il Gatto ci andò per i fatti suoi; e vide la donna che mungeva la mucca, e vide la luce del fuoco nella Grotta, ed annusò l’odore del latte caldo e bianco. Il Gatto disse: “Oh, mia nemica, e moglie del mio nemico, dove è andata la Mucca Selvatica?”

La donna rise e disse: “Selvaggio che vieni dai boschi selvatici, tornatene nei boschi, poiché ho intrecciato i miei capelli e messo da parte l’osso piatto magico e non abbiamo più bisogno né  di amici né di servitori nella nostra Grotta”. Il Gatto disse: “Non sono un amico e non sono un servitore, sono il Gatto e sto per i fatti miei, e voglio entrare nella tua Grotta”. La Donna disse: “Allora perché non sei entrato con il Migliore Amico la prima notte?” il Gatto s’arrabbiò davvero e disse: “Cane Selvatico ti ha raccontato qualcosa di me?” Allora la Donna rise e disse: “Tu sei il Gatto che sta per i fatti suoi, e un posto vale l’altro per te. Non sei né un amico né un servitore. L’hai detto tu stesso. Vattene e sta per i fatti tuoi in un luogo qualunque”.

Allora il Gatto finse di essere dispiaciuto e disse “Non devo mai entrare nella Grotta?  Non devo mai sedere presso il fuoco caldo? Non devo mai bere il latte bianco e caldo? Sei molto saggia e bella, non dovresti essere così crudele con un Gatto!”
La Donna disse: “Sapevo d’essere saggia ma non sapevo d’essere bella. Quindi farò con te un patto: se mai dirò una parola in tuo pregio potrai entrare nella Grotta”
“E se ne dirai due?” disse il gatto. “Non lo farò mai” disse la Donna “ma se capitasse potrai sedere presso il fuoco caldo”. “E se ne dirai tre?” disse il Gatto.
“Non lo farò mai” disse la Donna “ma se capitasse potrai bere il latte caldo e bianco tre volte al giorno per sempre.” Allora il Gatto inarcò la sua schiena e disse “Ora lascia la tenda all’ingresso, mantieni il fuoco in fondo alla Grotta, e la ciotola di latte accanto al fuoco e ricorda cosa ha detto la mia nemica e moglie del mio nemico”; e se ne andò per gli umidi boschi selvaggi scodinzolando la sua coda selvaggia verso la sua selvaggia solitudine.

Quella notte quando l’Uomo ed il Cane ed il Cavallo tornarono dalla caccia, la Donna non disse niente del patto che aveva fatto con il Gatto, perché temeva che a loro non facesse piacere. Il Gatto se ne andò molto lontano e si nascose tra i boschi selvaggi nella sua solitudine per un bel pezzo fino a che la Donna non si scordò di lui. Solo il Pipistrello -il piccolo pipistrello a testa in giù- che pendeva dentro la Grotta sapeva dove il Gatto si fosse nascosto; ed ogni notte sarebbe volato dal Gatto con le novità.
Una sera il Pipistrello disse “C’è un Bambino nella Grotta. E’nuovo, rosa, grasso e piccolo e la donna ne è innamorata.”
“Ah!” disse il Gatto “ ed al Bambino cosa piace?” “ Gli piacciono tanto le cose morbide e carezzevoli” disse il Pipistrello. “Gli piace stringere qualcosa di caldo quando va a dormire. E gli piace che si giochi con lui. Questo è tutto quello per cui va matto”.
“Ah!” disse il Gatto che era stato ad ascoltare “Allora è il mio momento”.
La notte seguente il Gatto attraversò i boschi umidi e selvaggi e si nascose vicino alla Grotta fino a che non fu giorno e l’Uomo con il Cane ed il Cavallo andarono a cacciare.
La Donna era indaffarata a cucinare quel giorno, e il Bambino piangeva ininterrottamente. Allora la Donna lo portò fuori e gli diede dei ciottoli con cui giocare. Ma il Bambino continuava a piangere. Allora il Gatto posò la sua zampetta morbida sulla guancia del Bambino e quello gorgogliò, ed il Gatto si strusciò sulle sue ginocchia grassocce e gli solleticò il mento con la sua coda. Ed il Bambino rise. E la Donna lo sentì e gioì. Allora il Pipistrello –il piccolo pipistrello a testa in giù- che stava appeso all’interno della Grotta disse “Oh mia ospite e moglie del mio ospite e madre del mio piccolo ospite, un selvaggio dei boschi selvatici sta giocando meravigliosamente col tuo Bambino.”

“Una benedizione su quel selvaggio, chiunque egli sia” disse la donna stiracchiandosi la schiena “ poiché avevo tanto da fare oggi che mi ha proprio fatto un favore”.
In quel preciso istante, miei cari, la pelle di cavallo che faceva da tenda sulla soglia della Grotta cadde giù, poiché si ricordò del patto che la Donna aveva fatto con il Gatto, e quando la Donna andò a sistemarla, sentite bene, il Gatto sedeva comodamente dentro la Grotta.
“Oh nemica mia e moglie del mio nemico e madre del mio piccolo nemico” disse il Gatto “eccomi qui, dal momento che hai detto una parola in mio pregio, ora posso stare dentro la Grotta per sempre. Ma sono ancora il Gatto che sta per i fatti suoi e per cui un posto vale l’altro”.
La Donna era indispettita e serrò le labbra strette, prese il suo fuso e cominciò a filare. Ma il Bambino si mise a piangere quando il gatto se ne fu andato, e la Donna non riusciva a calmarlo, perché lui si dimenava e calciava e diventava cianotico.

“Oh mia nemica e moglie del mio nemico e madre del mio nemico” disse il Gatto, “prendi una cima del filo che stai filando e legala al tuo fuso e trascinalo per il pavimento e ti mostrerò una magia che farà ridere tuo figlio così forte quanto ora sta piangendo.” “Lo farò” disse la Donna  “perché sto perdendo la ragione, ma non ti ringrazierò per questo”. Legò il filo al disco del fuso e lo trascinò per il pavimento ed il Gatto lo inseguì e lo afferrò con le sue zampette e si rotolò e saltellò avanti e indietro e ci giocò e fece finta di perderlo e gli tese agguati finché il Bambino rise così forte quanto aveva pianto e inseguì carponi il Gatto giocando per tutta la Grotta finché non fu stanco e si mise a dormire con il Gatto fra le braccia. “Ora” disse il Gatto “Canterò al Bambino una canzone che lo terrà addormentato per un’ora” e cominciò a far le fusa alte e basse, alte e basse, finché il Bambino fu del tutto addormentato. La Donna rise e guardò i due e disse: “Ben fatto. Non c’è dubbio, sei proprio intelligente, Gatto.”

In quel preciso istante, miei cari, il fumo del fuoco in fondo alla Grotta venne giù come una nube dal tetto, poiché si ricordava del patto che aveva fatto con il Gatto; e quando si fu dissolto, state ben attenti, il Gatto sedeva comodamente vicino al fuoco. “Oh mia nemica, e moglie del mio nemico, e madre del mio nemico” disse il Gatto “Eccomi, poiché tu hai detto un’altra parola in mio pregio, ed ora posso sedere al calore del fuoco in fondo alla Grotta per sempre. Ma sono ancora il Gatto che sta per i fatti suoi ed per cui un posto vale l’altro”. La Donna era davvero arrabbiata e si sciolse i capelli e mise più legna nel fuoco e portò il grande osso piatto di scapola di montone e iniziò un incantesimo che l’avrebbe aiutata a non proferire una terza parola in pregio del Gatto. Non era una formula cantata, ma una formula silente e in breve la Grotta divenne così silenziosa che un piccolissimo topo venne fuori da un angolo e corse per il pavimento. “ Oh, mia nemica, e moglie del mio nemico, e madre del mio nemico” disse il Gatto “questo topolino fa parte del tuo incantesimo?” “Ouh! Mannaggia! No davvero!” disse la Donna. Lasciò cadere l’osso piatto e saltò su uno sgabellino davanti al fuoco e raccolse i suoi capelli per paura che il topo le saltasse addosso. “Ah” disse il Gatto che stava a guardare “ma il topo non sarà un pericolo per me se lo mangio?” “No” disse la Donna, coprendosi i capelli. “Mangialo subito e ti sarò enormemente grata” il Gatto fece un salto e catturò il topolino e la Donna disse:”Cento volte grazie. Perfino il Migliore Amico non è abbastanza veloce per catturare i topolini come fai tu. Devi essere molto intelligente”.

In quel preciso istante, o miei cari, la ciotola del latte, che stava accanto al fuoco, si ruppe in due pezzi, poiché si ricordava del patto che aveva fatto col Gatto, e quando la Donna scese dallo sgabello –badate bene- il Gatto leccava il latte caldo e bianco da uno dei cocci rotti. “Oh mia nemica, e moglie del mio nemico, e madre del mio nemico” disse il Gatto “Sono qui, poiché hai detto una terza parola in mio pregio, ed ora posso bere il latte caldo e bianco tre volte al giorno per sempre. Ma sono ancora il Gatto che sta per i fatti suoi e per cui un posto vale l’altro”. Allora la Donna rise e porse una ciotola di latte caldo e bianco davanti al Gatto e disse: “O Gatto, sei intelligente quanto un uomo. Ma ricorda che il tuo patto non fu fatto con l’Uomo o col Cane, e non so cosa faranno quando torneranno a casa”.
“E che mi importa?” disse il Gatto “se ho il mio posto nella Grotta e il mio caldo e bianco latte tre volte al giorno non mi curo di quello che l’Uomo o il Cane possono fare”.
Quella sera, quando l’Uomo e il Cane tornarono nella Grotta, la Donna raccontò loro la storia del patto, mentre il Gatto sedeva vicino al fuoco e rideva. Allora l’Uomo disse: “Va bene, ma lui non ha fatto un patto con me né con gli uomini veri dopo di me”. Quindi prese due dei suoi stivali di pelle e tirò su la sua pietra tagliente (che fanno tre) e incise un pezzo di legno ed un’accetta (in tutto cinque), e li mise tutti in mucchio, e disse: “Ora facciamo il nostro patto. Se tu non cacci i topi quando sei nella Grotta per sempre, io ti tirerò addosso queste cinque cose ogni volta che ti vedo, e così farà ogni altro vero uomo dopo di me”.

“Ah” disse la Donna, che stava ad ascoltare “Questo è un Gatto molto intelligente, ma non tanto quanto il mio uomo”. Il Gatto contò le cinque cose (e sembravano molto dure) e disse: “Caccerò per sempre i topi, quando sarò dentro la Grotta, ma continuerò ad essere il Gatto che sta per i fatti suoi e per cui un posto vale l’altro”.
“Non quando sono nei pressi” disse l’Uomo “Se non avessi detto le ultime parole, avrei buttato via queste cose per sempre, ma adesso lancerò contro di te i miei due stivali e la mia piccola pietra tagliente (cioè tre cose) ogni volta che ti incontro, e così farà ogni altro vero uomo dopo di me”. Poi il Cane disse: “Aspetta un attimo. Lui non ha fatto un patto con me, né con gli altri veri cani dopo di me” gli mostrò i denti e disse: “Se non sarai gentile con il Bambino, quando io sarò nella Grotta, per sempre io ti darò la caccia fino a che non ti avrò preso e ti avrò morso, e così faranno tutti i veri cani dopo di me”. “Ah” disse la Donna, che stava ad ascoltare, “questo è un Gatto davvero intelligente, ma non è intelligente quanto il Cane”.
Il Gatto contò i denti del Cane (e sembravano molto appuntiti) e disse: “Sarò gentile con il Bambino quando sarò nella Grotta fino a che non mi tirerà la coda troppo forte, per sempre, ma rimarrò il Gatto che sta per i fatti suoi e per cui un luogo vale l’altro”.

“Non quando sono nei pressi” disse il Cane “Se non avessi detto le ultime parole, avrei chiuso la mia bocca per sempre, ma ora ti caccerò sugli alberi ogni volta che ti incontrerò, e così faranno i veri cani dopo di me”.
Poi, l’Uomo lanciò i suoi due stivali e la sua piccola pietra tagliente (cioè tre cose) contro il Gatto, ed il Gatto scappò fuori dalla grotta, ed il Cane lo assediò su un albero; e da quel momento ad oggi, miei cari, tre uomini veri su cinque tireranno per sempre roba contro il gatto ogni volta che lo incontreranno, e tutti i veri cani li cacceranno sugli alberi. Ma il Gatto mantiene la parte del patto che lo riguarda. Ucciderà topi e sarà gentile con i bambini mentre è in casa, a meno che essi non gli tirino la coda troppo forte. Ma quando avrà finito e negli intervalli, e quando la luna sorge e viene la notte, lui è il Gatto che sta per i fatti suoi e per cui ogni luogo vale l’altro. Allora va fuori,  nei boschi selvaggi e umidi, o sugli alberi selvaggi e umidi, o sui tetti selvaggi e umidi, scodinzolando la sua coda selvaggia e procedendo verso la sua selvaggia solitudine.

venerdì 28 giugno 2013

Abbiamo solo un problema: Cercare la felicità nella vita !!




http://video.repubblica.it/mondo-solidale/picchiati-a-morte-ai-confini-della-ue/133423/131940


''Picchiati a morte ai confini della Ue''

In esclusiva su Repubblica.it, un estratto del film ''N°9'' di Sara Creta: una videodenuncia dei pestaggi subiti dai migranti da parte della Guardia Civil spagnola e delle forze ausiliarie marocchine ai confini dell'enclave di Melilla. Il titolo del film è un omaggio a Clément, uno dei clandestini morto sotto gli occhi dei documentaristi: il 9 è il numero stampato sulla sua maglia. In occasione della presentazione del film a Rabat, in Marocco, le associazioni per i diritti umani Alecma, Gadem, Fmas e Amdh hanno lanciato la campagna: “N°9 – Stop alle violenze alle frontiere”, finalizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulla brutale repressione



LA STORIA - L'11 marzo scorso un centinaio di cittadini provenienti da vari Paesi africani (Gabon, Camerun, Mali, Burkina Faso, Guinea, Ciad e Senegal) tenta di attraversare il confine tra il Marocco e l'enclave spagnola di Melilla per entrare nel territorio dell'Unione Europea. L'intervento congiunto della Guardia Civil e delle forze ausiliare marocchine si trasforma in un brutale pestaggio: ''Hanno usato pietre e mazze di ferro'' - denunceranno i migranti, che vengono respinti in territorio marocchino. Dopo qualche giorno, il 16 marzo, i migranti feriti sono raggiunti in un accampamento di fortuna nella foresta di Gourougou, nei pressi di Beni Enssar, in Marocco, dall'associazione umanitaria Alecma. Tra i soccorritori c'è anche la regista Sara Creta che, con il collega del Camerun Sylvin Mbarga, documenta le conseguenze delle violenze della polizia e raccoglie le testimonianze scritte e audio-visive delle vittime dell'aggressione. Uno dei feriti - Clément, un cittadino camerunese che era stato arrestato, pestato e trasferito all’ospedale di Nador - muore sotto i loro occhi: l'ambulanza non arriva in tempo. Era ferito alla testa e aveva un braccio ed una gamba fratturati: lascia la moglie incinta e due bambini.




IL FILM - Da questa esperienza è nato il film di denuncia “N°9” - come il numero stampato sulla maglia di Clément -, e una campagna, “N°9 – Stop alle violenze alle frontiere”, finalizzati a denunciare la repressione subita dai migranti ad opera delle autorità marocchine e il coinvolgimento di quelle spagnole nelle atrocità commesse alle frontiere di Melilla. Le associazioni per i diritti umani chiedono anche l’apertura di un’inchiesta ufficiale sulle circostanze della morte di Clément e di tutti gli altri migranti deceduti intorno alle enclave spagnole in Africa. “N°9” - il numero che indica il centravanti in una squadra di calcio - è anche il nome che usano alcuni africani per parlare di quelli che lasciano famiglia e paese d’origine e tentano “il passaggio”, l'emigrazione.


lunedì 24 settembre 2012

EOLIA


Era trascorso ormai, oltre un anno dall’ultima volta che Marco e Kublai Khan si erano salutati. Nonostante il tempo trascorso, la nostalgia del mercante veneziano e dei suoi racconti continuava ad attanagliarsi nei pensieri e nel cuore dell’anziano sovrano. Fu proprio in quella fresca sera di settembre che il Gran Khan passeggiando nel cortile del suo palazzo, ripensando al giovane Marco, vide uno strano bagliore nel cielo. Una fulgida luce, che svanì lentamente lasciando dietro di sé una scia infuocata che terminò la sua corsa al suolo, in direzione della nafora di ceramica bianca e azzurra. Imbracciato il bastone con improvviso vigore il Gran Khan spinto dalla curiosità, decise di dirigersi in tale direzione.
Un oceano e quindici giorni di cammino verso oriente, separano Eolia dalla residenza del sovrano. Città dai due volti, Eolia è una perfida strega di giorno, e la più dolce e tenera tra le fate durante la notte.  Niente e nessuno può abbandonare le sue mura durante il dì, ogni essere ,ogni anima,ogni desiderio è imprigionato nelle possenti braccia del secolare acero che si erge al centro della sua piazza.
Eolia è la città dell’illusione. Tramontana raccoglie i desideri affidatele dagli ignari abitanti e li sacrifica, fedele, al grosso albero dell’oblio. Ma Eolia è anche la città della speranza. Ponente è il suo messaggero fidato, che libera i desideri e permette loro di volare liberi durante la notte.
Ombre sinuose camminano nell’oscurità, un appuntamento segreto nel bosco incantato. Un luogo nascosto, nel quale abitanti e viaggiatori occasionali si danno appuntamento ogni sera per rendere omaggio ad Eolia, sacrificando otri fluttuanti cariche di sogni, speranze e desideri. Un rituale segreto, antico come la notte dei tempi,  si ripete ogni sera,  l’antica mappa dello zodiaco si illumina all’improvviso e una danza rituale contagia e coinvolge gli abitanti di Eolia che rivolgono il loro sguardo alla luna.
Tre giovani Parche, aprono le danze rivolgendosi al cielo, invocano il fuoco che improvvisamente si sviluppa e illumina l’oscura foresta. La donna dall’occhio infuocato allarga le braccia al cielo liberando lo scrigno dei sogni verso l’alto e lo  affida ad Eolia e ai suoi due messaggeri. Gli abitanti uniti tra loro liberano le loro otri e Tramontana e Ponente si incontrano e si scontrano per contendersi i preziosi tesori. Solo le otri con i messaggi più sinceri, riescono a sfuggire alle grinfie dell’albero dell’oblio e lasciare finalmente Eolia e le sue terre. 
Raggiunta la fonte della Speranza, l’anziano Khan si chinò a raccogliere un plico leggermente bruciacchiato, sigillato con la ceralacca con impresso l’inconfondibile stampo del suo fidato ambasciatore. Senza alcuna titubanza, il Gran Khan aprì il sigillo e distese la pergamena ed iniziò a leggere:
- Mio venerato Khan, se questo messaggio è giunto tra le tue mani,vorrà dire che Ponente avrà svolto correttamente  l’incarico affidatogli ed avrà finalmente esaudito il mio desiderio. Ancora una volta Eolia avrà mantenuto la sua promessa e compiuto la sua magia. I nostri sogni saranno di nuovo liberi di ricominciare a volare ed io potrò finalmente riprendere il mio viaggio alla scoperta di nuove città di cui narrarti mio venerabile Khan.