Era trascorso appena qualche giorno e le parole di Alain risuonavano ancora nella mente del giovane spazzacamino, quando la fune utilizzata per la pulizia dei comignoli e per gli astratti volteggi circensi si spezzò all’improvviso. Quel banale inconveniente, si trasformò nell’occasione per Jack di tornare in contatto con la realtà cittadina e godere della sorpresa che il destino aveva in serbo per il giovane funambolo.
Scivolato giù per le grondaie secondarie, il giovane spazzacamino si tuffò tra le vie frenetiche della città, non senza sbuffare e maledire quello stupido contrattempo che lo aveva costretto a interrompere il suo lavoro. Lui che preferiva sempre osservare la città dall’alto dei suoi tetti senza prender parte alla vita sottostante, quasi fosse una dimensione personale, nella quale arroccarsi al sicuro dalla monotonia cittadina.
«Venghino siori e siore, il circo “de Nuages” è arrivato in città, solo per pochi giorni potrete assistere al più grande spettacolo circense di tutta Europa, venghino siori e siore!!”
Una voce sottile ma acuta proveniva dall’interno di Place A.Malraux. Nonostante la decisa convinzione di non andare al circo, Jack decise comunque di avvicinarsi e dare un’occhiata. Un morso ad un’aspra ma deliziosa mela verde, gentilmente “donata” dal fruttivendolo all’angolo tra Rue de Richelieu e Rue Villedo e via a passo svelto verso la piazza. Cappello abbassato sulla fronte, come di consueto per eludere gli sguardi della gente, Jack si avvicinò alla folla assiepata a seguire l’improvvisato spettacolo di strada.
«Troppa gente, non si vede nulla, che sciocco son stato a farmi abbindolare e venir fin qui - pensò Jack dando un altro morso al succoso frutto - meglio andar via». Proprio mentre stava per allontanarsi, improvvisamente vide un bizzarro giocoliere ergersi tra la folla. Magro, con due lunghissimi trampoli di legno ricoperti da un enorme pantalone bluette a zampa d’elefante sorretto da due bretelle arancioni ed un buffissimo naso rosso da pagliaccio, faceva volteggiare in aria tre birilli colorati osservando sorridente il pubblico dall’alto. «Proprio come me» pensò il giovane spazzacamino, lasciandosi andare ad una risata immediatamente trattenuta dentro il Parka imbottito. Fu a quel punto che Jack prese la decisione di fermarsi un po’ di più a osservare quel buffo spettacolo. Irritato però dall’eccessiva affluenza della gente e dall’impossibilità di godere di una buona visuale, con l’abilità tipica dei vagabondi, spiccò un piccolo salto e iniziò a salire rapidamente su uno dei lampioni ai piedi del quale aveva luogo lo spettacolo.
Ai piedi del trampoliere, si ergeva in tutta la sua imponenza un simpatico nano in tight arancione luccicante, con un megafono di cartone in mano. «Ecco di chi era quella voce» e di nuovo un sorriso fece capolino tra le labbra dello spazzacamino. In mezzo alla gente intenta ad osservare, il nano dal viso simpatico e coinvolgente insisteva nel suo proclama passando attraverso le gambe del giovane trampoliere, con il megafono in mano, attento a non urtare le gambe di legno del giovane collega. Rapito dalla sintonia dei loro movimenti, per un attimo Jack si disinteressò dello spettacolo per chiedersi quante ore di allenamento vi fossero dietro un improvvisato teatrino come quello e, da quanto tempo si conoscessero i due bizzarri circensi, data la sintonia che oltrepassava il semplice numero artistico e si percepiva dai gesti d’intesa scambiati tra i due. Ritornato con la mente sulla terra ferma, Jack vide due uomini muscolosi farsi largo tra la folla sbigottita, trasportando sulle ampie spalle muscolose una trave di legno oscillante. Al centro della pista, come per magia ecco sbucare una giovane donna dai capelli neri e gonnellina bianca svolazzante. «E’ un classico trucco d’illusionismo - pensò immediatamente Jack - si attira l’attenzione da un lato, e si lascia il campo d’azione libero per il numero principale, ingenerando sorpresa nell’ignaro osservatore».
Il trampoliere ed il nano come per magia erano svaniti nel nulla, forse risucchiati dalla folla sempre più nutrita. Il centro della scena, adesso, era stato guadagnato dalla giovane, che con un inchino conquistò la folla. Con un’eleganza ed una grazia fuori dal comune, la giovane spiccò un salto e si mise a sedere sulla trave, oscillando le gambe in aria tra le pieghe svolazzanti del gonnellino bianco. Un impercettibile movimento dei due omoni ed ecco la giovane funambola balzare in piedi in equilibrio sulla trave, i piedi morbidi ed affusolati, leggeri come piume nonostante la precarietà di quell’equilibrio.
«E’ come il battito d’ali di una farfalla immobile sullo stelo di un fiore» - immaginò Jack.
Nella lenta ma perfetta oscillazione della trave la giovane artista iniziò il suo numero, differenti esercizi si susseguirono rapidi in un crescendo di acrobazie spettacolari, tra l’ammirazione convinta della gente. Tra un volteggio e un altro, in un silenzio privo di spazio e tempo, lo sguardo della trapezista incrociò quello del giovane spazzacamino. Fu un istante. Un attimo sospeso in una dimensione indefinita senza spazio né tempo, in cui ogni cosa sembrava essersi arrestata. Il mondo circostante scomparso, risucchiato dentro la profondità di quella scintilla improvvisa ed un silenzio irreale aveva avvolto ogni brusio. Un secondo dopo tutto era svanito. I piedi della trapezista ritrovarono il legno morbido della trave e lo scrosciare degli applausi risuonò fragoroso rompendo come d’incanto la magia del momento. Un istante più tardi, anche la trapezista scomparve avvolta dalla folla entusiasta. Fischi di ammirazione, applausi scroscianti e di nuovo il megafono che invitava a seguire l’intero spettacolo al circo, riportarono ogni cosa nell’alveo della realtà . Gli sforzi di Jack per ritrovare la giovane artista sfruttando la sua posizione privilegiata, si dimostrarono vani. Un attimo così intenso e profondo svanito in un secondo. Solo un’immagine impressa nella mente del giovane spazzacamino, accompagnata dalla sensazione di aver già incrociato quello sguardo in passato. Affannato si precipitò giù dal lampione deciso ad assicurarsene. Ogni tentativo risultò vano, la trapezista era svanita nel nulla. Rassegnato, Jack decise allora di riprendere la sua giornata, non prima di tirare una moneta all’interno del cappello che il giovane nano teneva tra le mani mentre passava tra le gambe degli spettatori. Un suono sordo e la moneta che si infila e mescola alle altre nella tuba nera del circense, un cenno d’intesa con il nano e via.
Il freddo di febbraio a Parigi quell’anno fu anomalo e incessante. I tetti della capitale francesi erano una lastra compatta di ghiaccio e il lavoro di Jack e dei piccoli spazzacamini suoi colleghi era reso maggiormente complicato, dalle abbondanti nevicate di quei giorni che ostacolavano le consuete operazioni di pulizia. Terminato il lavoro, il piccolo spazzacamino suonava l’armonica in compagnia di Alain e della sua immancabile sigaretta, ripensando alla profondità di quello sguardo ormai indelebile.
«La sensazione, Alain, è quella di ritrovarsi per un istante nudi fin dentro l’anima. Uno sguardo così penetrante da escludere ogni cosa attorno, facendoti sentire un tutt’uno con l’altra persona».
«Tu devi riposare, Jack sei troppo stanco, perché non vieni dentro a riposarti, almeno stai al caldo e ti ripari dal gelo di questi giorni» disse Alain, maggiormente preoccupato per la salute dell’amico che per le sue rivelazioni.
L’orgoglio di Jack era troppo grande per accettare una tale proposta e poi il piccolo vagabondo amava la sua libertà e la sua vista privilegiata, rifiutò in modo garbato e saluto l’amico, riprendendo a suonare la consueta malinconica melodia.
I pensieri quella notte tornarono indietro nel tempo ad una calda estate di qualche anno prima quando il giovane Jack, al ritorno da uno dei soliti viaggi intorno al mondo, era approdato in un accogliente porto e qui vi si era fermato per un po’ frequentando una meravigliosa locanda affacciata sul mare abitata da una splendida ragazza di cui il giovane spazzacamino si era perdutamente innamorato. Ma l’incantesimo era durato poco, il tempo di restarne profondamente ferito e di rassegnarsi all’idea di dovervi rinunciare. Non si può imprigionare una farfalla, son esseri stupendi che devono esser lasciati liberi per vivere e godere della loro bellezza altrimenti perdono la loro meravigliosa magia ed i loro infiniti colori e finiscono col morire.
Il mattino seguente, alle nove in punto il giovane spazzacamino iniziò a correre per i tetti di Parigi, deciso a far chiarezza sulla sensazione che lo aveva accompagnato per tutto il giorno precedente. Lo sguardo incrociato in Place A.Malraux, doveva essere necessariamente quello di Eloise, non poteva sbagliarsi. Iniziò con il chiedere agli altri colleghi, se qualcuno avesse visto gli artisti del circo in giro per la città. A distanza di qualche ora, Antoine, un operaio addetto al ripristino degli impianti idrici di Place de la Republique, aveva invitato Jack a recarsi nella zona di Montparnasse, nei pressi della stazione, ove i circensi si sarebbero esibiti a mezzogiorno. Questa volta, però Jack non volle mischiarsi tra la folla, voleva evitare di esser visto e fare in modo di poter osservare tutto lo spettacolo in silenzio dall’alto, verificando se le sue supposizioni fossero reali o frutto della sua fantasia, o per meglio dire del ricordo.
Proprio alle spalle della stazione, nei viali alberati dei Giardini Atlantique, il nano ed il trampoliere avevano già iniziato il loro simpatico siparietto. Nascosto sui rami di una splendida magnolia Jack si godeva lo spettacolo, in attesa di veder sopraggiungere quello che ormai era diventato il suo pensiero fisso. Il tempo passava senza che si vedesse alcuna trapezista farsi largo tra la folla.
Lo sguardo di Jack troppo impegnato sullo spettacolo non avevo notato la dolce Eloise, seduta su una panchina poco distante. La trapezista, dismessi i panni da circense, era avvolta da una lunga gonna di lana colorata, ai piedi due ballerine un po’ usurate dal tempo, ed una mantella color del mare a coprirle il corpo esile, in testa un simpatico cappello di lana nero, un po’ bombato con una piccola visiera a coprirne gli occhi da cerbiatta. Assorta nei suoi pensieri, stava lì seduta con le mani sulle ginocchia, senza curarsi dell’anziano uomo che portava a spasso il levriero afghano al suo fianco intento a non perdere il cappello per l’insorgere di un’improvvisa folata di vento, o dei due innamorati intenti a scambiarsi effusioni nella panchina difronte, la sua. D’altro canto c’era poco di cui sorprendersi, la presenza di Eloise, era sempre stata una presenza discreta ed impercettibile, tipica del suo carattere. Le mani affusolate sulle ginocchia si muovevano, e lo sguardo seguiva attento quei movimenti. I suoi occhi seguivano le singole linee del destino disegnate all’interno della mano, scrutando i singoli sentieri nella speranza di ricevere risposte lontane. Un attimo e finalmente, l’esile sagoma di Eloise entrò nel cono di luce del vagabondo che ne rimase rapito. La iniziò a osservare come si ammira un gioiello inaspettato, un diamante del quale non si vuol perdere nemmeno il più piccolo barlume di luce o riflesso. La contemplava silenzioso domandandosi perché non fosse vestita da trapezista e come mai non fosse ancora entrata in scena.
Lo spettacolo del nano e del trampoliere era terminato nel frattempo ed i due circensi, lentamente si erano avvicinati alla giovane trapezista, che distogliendo per un attimo lo sguardo dalle mani, alzò gli occhi osservando i due circensi con espressione umana e dolce come una carezza, invitandoli ad andare pure, facendo intendere che si sarebbe trattenuta ancora un po’ su quella panchina. I due circensi, un po’ rassegnati ma incapaci di contravvenire a cotanta dolcezza fecero marcia indietro ed andarono via.
Con un balzo repentino, degno dei più grandi randagi della storia, Jack, saltò giù dai rami e si catapultò alle spalle della ignara Eloise, poggiandole delicatamente le mani sugli occhi coprendoli.
«Smettila Giles, lo so che sei tu, ma ti ho detto che preferisco restare un po’ da sola, e che tra un po’ verrò da sola al tendone».
Nessuna risposta. Un attimo e in una frazione di secondo con uno scatto impercettibile la trapezista si divincolò della presa e si voltò. Le pupille si dilatarono e il mondo si fermò per un istante. La persona che aveva difronte non era il nano Eff, e neanche il trampoliere ma non era neanche la persona alla quale Eloise stava realmente pensando. Era un vecchio ricordo affiorato improvvisamente dal passato, il giovane Marco, così almeno lei lo conosceva. Che ci faceva lì, e da dove era comparso. Un sorriso si fece largo sul volto di entrambi, trasformandosi ben presto in una sonora risata.
«Che ci fai qui Marco? Pensavo fossi in giro per l’Europa ed invece ti ritrovo a Parigi, proprio alle mie spalle»
«Shhhh - silenzio ,fece cenno il giovane spazzacamino portandosi un dito all’altezza del naso – non son Marco ma Jack adesso, qui tutti mi conoscono così e faccio lo spazzacamino in giro per i tetti della meravigliosa Paris»
«Jack ?» domandò sorpresa Eloise.
«Si, che nome daresti ad un randagio come me? Non credi che Jack sia perfetto»
«E tu invece che ci fai qui?» rispose sorridendo.
«Io alla fine ho seguito il mio istinto, fare realmente la trapezista e così adesso faccio parte del Circo de Nuages da qualche tempo, credo di aver trovato la mia strada o almeno ci sto provando, e sto diventando un po’ nomade come te, domenica Roma, oggi Parigi e dopodomani Barcelona. Ripercorro un po’ i tuoi passi».
Un nuovo incantesimo, si stava per compiere, i due funamboli iniziarono a parlare, a ritrovarsi, lasciandosi trasportare lontano, attraverso i ricordi, le esperienze e i cambiamenti avvenuti nelle loro vite.
«Dammi la mano Eloise, fidati di me»
Con un po’ di imbarazzo la trapezista allungò la mano ed afferrò la mano di Jack-Marco. In un attimo iniziarono a correre all’impazzata come due ragazzini spensierati lungo Boulevard Pasteur, Boulevard Garibaldi e via lungo i viali di Parc Du champ de Mars fino all’apparire della sagoma della torre Eiffel difronte i loro occhi.
Si fermarono un attimo a prender fiato.
«Ti fidi di me?» domandò Jack
Eloise, annuì un po’ titubante.
«Bene, andiamo» e i due ragazzini ripartirono
Giunti sotto gli archi della Tour, il funambolo Jack consapevole delle capacità acrobatiche della dolce Eloise, la prese per mano e la fece salire di soppiatto da uno dei pilastri laterali della torre di ferro, in una scalata senza pari. Lentamente, ma con estrema naturalezza i due giovani iniziarono a salire lungo i pilastri della torre, nessuno si accorse di loro e ben presto arrivarono molto in alto.
«Siamo quasi arrivati Eloise»
«Tu sei tutto pazzo Marco» non era facile liberarsi delle vecchie abitudini, e chiamare Jack con il suo nuovo nome.
«Eccoci»
Erano appena arrivati a ridosso della terza piattaforma, ad un’altezza considerevole.
«Non sarà la cima, ma si gode ugualmente di un meravigliosa paesaggio, che te ne pare? Aspetta…»
Con un gesto della mano Jack si tolse il foulard scuro che aveva attorno al collo e lo proteggeva dalle esalazioni di carbone durante il lavoro, e lo avvolse al collo della splendida Eloise, ancor più bella ed elegante in quella meravigliosa postura da cigno.
«Questo ti proteggerà dal freddo»
«Da qui possiamo dare libero sfogo alla nostra fantasia, ai nostri pensieri ed ai nostri sogni, siamo già abbastanza in alto per agevolare il loro volo»
Nessun commento:
Posta un commento